Addio ad Andrea Purgatori, giornalista e volto noto della tv

20.07.2023 12:55

di MARIA LOMBARDO

Con Andrea Purgatori, romano, scomparso in questi giorni per breve malattia all’età di 70 anni, ancora in piena attività, se ne va un giornalista che ha dato tanto alla Sicilia, alla ricerca delle verità sulla strage di Ustica e sulle stragi mafiose, a quei misteri, tanti misteri, che fanno parte della nostra storia recente. Proprio ieri sera La7 ha replicato l’inchiesta sugli attentati ai magistrati e rappresentanti delle istituzioni: Terranova, Dalla Chiesa, Chinnici, Falcone e Borsellino.

Inviato del Corriere della sera dal 1976 al 2000, scrittore olte che giornalista, Purgatori ha lavorato per La7 dal 2017 curando la trasmissione “Atlantide. Storie di uomini e di mondi” (Premio Flaiano 2019).  Si è occupato anche di questioni internazionali: “JFK Rivisited” e “Il caso Epstein: sesso e potere”.

Sceneggiatore dei film “Il muro di gomma” e “Fortapasc” di Marco Risi, “Il fantasma di Corleone” di Marco Amenta, “Vite blindate” di Di Robilant, “L’attentatuni” di Bonivento,  Globo d’oro 1994 per “Il giudice ragazzino”, ha mostrato di  prediligere delitti e misteri non solo di mafia come appunto “Il muro di gomma” sull’aereo di linea colpito e precipitato col suo carico umano al largo di Ustica nel 1980.

«La mafia e la Sicilia sono il paradigma della convivenza tra criminalità organizzata e istituzioni – mi ha detto nell’intervista per “La Sicilia” pubblicata il 23 luglio  di un anno fa - se gli americani non si fossero accordati con Lucky Luciano non avrebbero mai fatto lo sbarco nell’isola. Quando stavo al Corriere della Sera, ho seguito la vicenda della

 mancata perquisizione nella casa di Totò Riina. Non ho mai smesso e di indagare. Le stragi di Falcone, Borsellino e delle scorte – mi disse ancora Andrea Purgatori - non vanno solo ricordate ma indagate finché ci sono punti oscuri. In ogni delitto di mafia c’è una zona grigia».  Si è occupato molte volte e anche di recente anche del mistero di Emanuela Orlandi. Tutti i misteri erano pane per i suoi denti e li affrontava e riaffrontava aggiungendo di volta in volta l’ultimo piccolo tassello venuto fuori che rimette in discussione la ricostruzione dei fatti. Andrea aveva uno stile rigoroso, accurato, tutto documentato, niente illazioni, suffragato da interviste con persone esperte dei fatti o implicate a titolo personale.

Sempre nell’intervista per “La Sicilia” mi disse, a proposito di giornalismo investigativo: “I giornalisti investigativi sono abbastanza pochi perché la funzione si è andata perdendo. Con tutti i limiti ideologici della stagione anni 60-70 su piste rosse o nere, dopo piazza Fontana è cresciuta una generazione di giornalisti investigativi che ha offerto all’informazione italiana quel di più che oggi manca. Abbiamo internet e l’indomani i giornali ti raccontano quello che già sai. L’approfondimento fa la differenza e induce a comprare il giornale. Fare giornalismo investigativo costa molto. Ma bisogna agganciare il lettore per non perdere copie».

Esattamente un anno fa a Siracusa per OrtigiaFilmFestival come presidente di giuria del concorso,  era appena arrivato da Palermo dove aveva preso parte a due incontri sul trentennale di via D’Amelio. Lo conoscevo personalmente. Era un uomo gentile e affabile. Se n’è andato, ironia del destino, nel giorno del trentunesimo anniversario di Borsellino, uno dei casi cui si era dedicato di più.  

Il giornalismo, mi disse, «per me è sempre uguale dall’inizio: grande curiosità, volontà di non prendere per buona la versione ufficiale di ciò che ti viene raccontato».

Addio caro Andrea maestro di un mestiere affrontato con passione e umiltà, mai con saccenteria e presunzione, militante dell’informazione dalle grandi qualità umane, etiche e civili. Una lezione la tua nella quale noi della tua generazione ci riconosciamo appieno e che ai giovani va indicata incessantemente.