L'erba della notte di Nonuccio Anselmo
La seconda guerra mondiale s'è spenta da poco. Muore u 'zu Michele Rizzuto, uno di quelli che non dovrebbero morire mai perché padre di tutti i viddani di Santa Lena, il quartiere di contadini del paese del feudo.
Zu Michele ha lottato nelle campagne da quand'era ragazzo. Ha cominciato bambino a faticare nei campi, quando lo legavano sulla giumenta capofila della lunga teoria che portava l'uva al trappeto mentre gli uomini restavano a vendemmiare. Col tempo, è cresciuta la sua statura e quando in Sicilia esplose il fenomeno dei fasci contadini, sul finire dell'Ottocento, divenne il presidente dell'organizzazione locale e in questo ruolo dovette affrontare una sanguinosa rivolta e la successiva reazione che lo portò in prigione.
Ma tornato libero ha continuato a lavorare per la gente delle campagne, per eliminare l'intermediazione mafiosa e per dare un briciolo di terra a tutti. E' stato presidente di tante cooperative agricole, è stato sindacalista e capopopolo, è non è potuto sfuggire al confino durante il fascismo. Eppure - malgrado un attentato fallito, che l'ha tenuto per tre anni lontano dal suo paese - è morto nel suo letto.
Attorno alla sua salma si radunano tutti i viddani, soprattutto i fedelissimi, a cominciare da Michelangelo Carnemolla, che l'ha seguito fin da ragazzo. Ha preso tanti calci in culo e scapaccioni perché don Michele non lo voleva tra i piedi ad agitare bandiere. Ma vent'anni dopo si scoprirà anche perché: il capo del sindacato non aveva bisogno di un altro che sventolasse bandiere. Aveva bisogno, tra tanti analfabeti, di gente che studiasse. E infatti Carnemolla diventerà poi sindaco su sua spinta.
Accanto alla vita di Michele Rizzuto, in questa saga dei viddani di Santa Lena, si racconta anche quella dei Carnemolla, che sono sempre stati alle spalle del capo. Non solo Michelangelo che poi, sospinto dal popolo socialista è arrivato al municipio, ma anche dei figli. Calogero, che per un pelo non è stato ammazzato da un carabiniere durante l'occupazione di un feudo e che con Rizzuto è finito al confino di Ustica durante il fascismo, fino al più giovane di tutti, Peppuccio, che per ultimo ha raccolto il testimone diventando segretario della camera del lavoro.
C'è anche Brasi Ferrante, maestro in pensione col vizio della storia. A lui Carnemolla, davanti al letto di morte di Rizzuto, chiede di non far disperdere i valori di un secolo di lotte e di scrivere l'epopea dei viddani di Santa Lena. Il maestro avvia la sua inchiesta e scopre le vittorie esaltanti e le cocenti sconfitte maturate nei campi. Fino all'improvvisa morte di Peppuccio, raggiunto da due colpi di lupara, la sera di San Michele.
Eppure, secondo Michelangelo Carnemolla, pur straziato per la morte del figlio minore e per il prezzo che ancora si sta pagando per aver rincorso il sogno di un pezzetto di terra, non è quella la conclusione della storia. Ce n'è un'altra, se possibile più grande. La nuova leva non vuole più sentirne di terra. Sta esplodendo il miracolo economico e a Torino, in fabbrica, a fine mese arriva lo stipendio, anche con la pioggia e la malannata. Il fallimento totale di un secolo di lotte, di sacrifici, di sangue, di malavita.
Ma l'epopea dei viddani di Santa Lena non sarà almeno dimenticata. L'erba dipinta dal sangue del colore del mosto, divenuta nera nella notte della campagna, resterà viva, affidata al manoscritto del maestro Ferrante nella biblioteca comunale.
(Nonuccio Anselmo - L'erba nera della notte - Mohicani edizioni - € 10)