Premio cronista, Egle Palazzolo: "L'orgoglio di essere giornalista tra memoria e futuro. La speranza? I giovani"
di EGLE PALAZZOLO
A proposito della serata di mercoledì 18 giugno del Circolo della stampa e della consegna Premio Cronista 2025 a un mucchietto di noi giornalisti di vecchia e nuova generazione, posso aggiungere qualcosa a quanto già ben detto e descritto, nel nostro sito? Certo che mi date il permesso, mi avete persino dato una targa “speciale” insieme a colleghi speciali. Figurarsi qualche... particolare in cronaca che nasce dalla bella sensazione che ho ricevuto dal nostro affollato incontro e dal trattenerci a lungo insieme sino a tardi. L’incontro di una buona fetta di noi, che, parte di un medesimo Albo, che sentiva coesione e appartenenza. Come dire... “siamo giornalisti”, siamo accanto, persino incoraggiando chi arriva, ricordando con ammirazione e rimpianto chi non è più tra noi, trovando molte cose da dirci e forse qualche energia per tamponare le falle che ora subisce una professione non facile, ma largamente ambita.
Diversi e pure simili, con una stipata esperienza alle spalle o pronte, e pronti a farla, malgrado i rischi di tempi mutati, di libertà ben più represse, di ridotti compensi economici, di rischi personali. Nella splendida terrazza del Glam Hotel, conversando coi due colleghi presentatori che procedevano senza alcuna formalità ma con indispensabili fogli in mano, e alternavano domande alla lettura di belle motivazioni, ci rendevamo conto di stare bene insieme. Ci riprendevamo l’idea dell’esistenza in vita di una categoria che da qualche tempo affronta difficili prove, risentivamo in qualche modo sulla pelle il senso e il significato di un complesso lavoro, di quella professione che non a caso venne definita “quarto potere” e che, gli esempi restano, più volte seppe espletarlo davvero.
Montesquieu certamente non lo aveva messo in conto ma se mai lo avesse fatto come gli altri tre avrebbe avuto eguali parità e autonomia. Oggi non c’è spazio e modo perché possa averle, esercitarle. Che il suo compito possa contenere quanto attiene al suo atto di nascita: dare notizia, fare vera informazione, permettere un orientamento, aiutare azione e riflessione, influire sui comportamenti. Attraverso forme improprie e deleterie (tranne alcune lodevoli eccezioni che andrebbero più spesso segnalate), esiste la grande platea che attraverso il magma prodotto in rete, subisce ed è facile da notare, un diffuso danneggiamento, un insidioso choc a una crescita autentica.
Tuttavia non manca chi ancora inizia e vuole “fare giornalismo”. Oggi come ieri. E brindava a un possibile futuro con tanti che avevano già un passato, una pensione magari e tanto da suggerire. E proprio per le voci timide e al tempo stesso decise di chi faceva la sua scelta avvertita con passione e che anche dinnanzi un computer o a suo tramite, ci raccontava di poter trovare la strada giusta, sto chiedendo spazio per una nota di cronaca. Una, cerimonia, un evento come tanti ma che mi ha lasciato consapevolezza e allegria, sapevamo ascoltarci, sorridere e forse un tantino sperare. Una gentile signora ospite, nel salutarci, ha detto: “Grazie, sono stata bene con voi giornalisti”. Ci ha riconosciuti. E infatti giornalisti siamo e vorremmo poterlo essere. E dunque giù le mani da una categoria dove tanti hanno costituito una storia e dove c’è un seguito capace di arricchirla. Dunque: fare il giornalista e portare nei social il meglio di quanto i media possono e dovrebbero dare, questa la sensazione che mi ero portata via insieme alla Targa, mentre un cielo amico ci aveva risparmiato la pioggia.