Riceviamo e pubblichiamo

25.03.2016 09:01

“Riceviamo e con piacere pubblichiamo un ricordo di Mario Petrina scritto dal collega Antonio Ravidà che è stato segretario regionale di Assostampa durante il periodo in cui Mario era vice segretario nazionale della Fnsi”

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Ora che Mario Petrina non è più fisicamente tra noi abbiamo ben ragione di sentirci meno importanti, meno influenti, meno un sacco di tante altre cose. La sua vitalità e la sua sovrabbondante "catanesità" ultra umana e super eccitabile producevano un brand di straordinari effetti, affetti, generosità, altruismi che Mario dispensava a volte senza neanche accorgersene. Era fatto così: un moto perpetuo schioppettante come l'energia sprigionata "da 'a muntagna", l'Etna dov'era nato e che amava senza riserve. Già l'amore e la passione... elementi fondanti del suo stesso essere di piccola statura ma roccioso e scattante, incline più agli sforzi e alla fatica corporea e mentale che al riposo e all'apatia. Lavorava e pensava in continuazione alla moglie, alle figlie, ai nipotini, alla cerchia famigliare in lotta perenne con gli orari degli aerei e dei treni preoccupato di tornare presto a casa e al tempo stesso di essere puntuale sul lavoro tenendo sempre d'occhio l'agenda degli impegni che tutt'altro che casualmente l'avevano portato ai vertici degli organigrammi del giornalismo italiano. Successo dopo successo, boccone amaro dopo boccone amaro, uno appresso all'altro aveva scalato i gradini del nostro establishment del quale conosceva tutto e tutti a memoria, davvero in profondità. Era un uomo di potere e le poltrone gli piacevano, ma non lo nascondeva e non le utilizzava mai per scopi disdicevoli, per complotti e vendette. Era schietto e onesto.

Non credo sia morto pieno di soldi ammesso che gli arricchimenti leciti siano da condannare e non lo sono affatto. Si candidava spesso (nel 1993 a sindaco di Catania, consapevole di non essere eletto, mi disse: "Antoniuccio, famose a capì: non mi costa niente, non compro voti e non cerco accordi sottobanco. Famo movimiento!") e si piaceva magari un po' oltre il dovuto. Infatti possedeva -e le dispensava a piene mani tonnellate di autostima con una cifra tutta meridionale che prima incuriosiva e poi li stordiva i suoi concorrenti del Centro Nord. E, quando qualcuno di loro lo batteva, Mario se ne usciva con un elegantemente lezioso "Chapeau". Vecchi ricordi personali: quando, più o meno 20 anni fa, fui eletto dopo di lui segretario dell'Assostampa siciliana, Mario era vicesegretario della Fnsi. C’incontravamo spesso negli uffici romani in occasione dei Consigli nazionali e a volte delle Giunte esecutive e chissà perché sospettava che non gli fossi amico. Un giorno l'invitai a colazione nella trattoria sotto la sede della Fnsi e gli chiesi: "Qual è il problema? Tu vuoi essere generale e a me sta bene essere colonnello". Mi guardò perplesso con sguardo bìzantino e se ne uscì con un "Ma mi prendi per fesso?". ll mio "No" perentorio suggellò un'amicizia arricchita da divertenti complicità e da affinità di giudizi che il suo distacco da tutti noi non azzererà mai. ll nostro binomio pose termine a talune tensioni nei rapporti nella nostra categoria tra Sicilia Occidentale e Sicilia Orientale, alimentò una feconda stagione del nostro sindacato nell'isola: la legge sugli uffici stampa, le giornate dell'Informazione, i giornali nelle scuole, le garanzie sindacali e la lotta all'abusivismo, la tutela dei colleghi più deboli specialmente nelle tv locali, la sintonia con l'Ordine. E ora un'infinità di ricordi anche di noi due giornalisti "sul campo" come inviati a Caltanissetta per il processo sul delitto Chinnici, lui per la Rai, io per l'Ansa. E poi le sue reminiscenze sul calcio da giovanissimo nel Catania del quale fu anche vicepresidente, sulla simpatia per i repubblicani e soprattutto sugli esordi al quotidiano La Sicilia che gli era rimasto nel cuore. Un epitaffio per Mario? Un ottimo giornalista, una persona perbene, un vero amico, chapeau!

Antonio Ravidà